martedì 8 aprile 2014

Guardare al Player di ieri per capire il Player di oggi.

E il player in questione sono io, Axel. So che può sembrare un articolo pesante, data la lunghezza, ma lo ritenevo abbastanza interessante per poter capire il mio pensiero e che cosa sono e sono stati i videogiochi per me.
Vi ringrazio per l'attenzione e buona lettura J


"What the..."
I miei primi approcci coi videogiochi risalgono a quando ero davvero piccolo, giochicchiando e cercando di capire cosa diavolo stessi facendo con il controller in mano dello SNES del vicino o del cugino di turno. E non avendo alcuna console in casa al momento, ogni minuto speso valeva oro, per un bimbetto come me. Nonostante non avessi alcuna capacità in ambito videoludico, ne ero stregato, ma per i miei genitori, i videogiochi rimasero un tabù per parecchio tempo.




Già, perchè le frasi “Ti fanno male” e “Ti rovini gli occhi” le avrò sentite migliaia di volte, prima di poter finalmente accedere al mondo dei videogiochi, prima di avere tra le mani una console che potevo considerare “mia” (a parte la piccola parentesi di una Playstation con pochissimi giochi al quale non davo assolutamente peso, non potevo ancora giocare). 
Ed ecco che magicamente arrivò il Gameboy Color. Da quel giorno, un susseguirsi di avventure, esperienze, andando alla ricerca di tutti i Pokémon, cercando di saltare su piattaforme moventi evitando i Koopa Paratroopa, cercando di uscire da quella diavolo di Gringott e di aiutare Topolino! Ma non mi stavo ancora godendo il tutto, ero troppo ingenuo per stare li a leggere dialoghi, per cercare di scervellarmi. 
Adoravo Super Mario Bros. proprio perchè il protagonista non aveva molto da dire, e perchè ogni volta che premevo il tasto, Mario saltava immediatamente, lo stavo “controllando” e aiutando a sconfiggere le sue difficoltà, che erano diventate anche mie. Nel caso non riuscissi a passare un livello, avrei rigiocato quelli precedenti all’inverosimile, finchè non avrei avuto l’ingenuo sentore che io e Mario, insieme, avessimo potuto farcela.

Ero davvero convinto di dargli una mano, di migliorarlo con l'avanzare dei tentativi, anche se sicuramente stava accadendo il contrario.


Non ero ancora convinto sugli altri giochi però: Pokémon Rosso su tutti è stato un ostacolo abbastanza difficoltoso da superare, avendo il gioco in spagnolo. Ma non demorsi, e cercai di continuare, imperterrito, dilettandomi a guardare le mie creature attaccare le altre e vincere gli scontri. Sconfissi la lega almeno, prima di passare ad Oro, che invece, nel suo essere comprensibile avendo demolito la barriera della lingua, e grazie anche al mio essere cresciuto, difficilmente e raramente lasciò spazio agli altri giochi della scarsa collezione.


Anni dopo, arrivò il primo vero regalo videoludico da parte dei miei genitori: l’Advance SP, scavalcando l’orizzontale discendente. Scavalcandolo perchè desideravo, su tutto, la retroilluminazione, così da non dovermi per forza fermare in condizioni di visibilità scarse per gli schermi precedenti. Quello, insieme alla sua custodia a tracolla, accompagnarono quasi ogni mio vaggio in auto, quasi ogni uscita coi miei ed amici. Non potevo staccarmene, i giochi mi divertivano, mi mettevano in difficoltà, ma questa volta la rabbia prese il posto della rassegnazione: avevo tutti i mezzi per farcela, dovevo solo metterli in atto. E ogni sfida, che fosse attraversare uno schema con un beyblade scadente, un allenatore particolarmente arduo, una partita a carte piuttosto complicata, andava completata.

Non leggevo recensioni, non mi facevo influenzare se non da ciò che i miei amici avevano da dirmi in merito, soprattutto il mio migliore amico, con il quale condividevo questa passione sempre crescente, tanto da comprare gli stessi gioco quasi sempre, pur di giocarli insieme attraverso l’introvabile cavo, prima, e poi con il miracoloso Wireless Adapter. E sento, a distanza di tempo, di aver fatto bene: la sensazione di un nuovo gioco tra le mani che avevo scelto di mia volontà, era genuina, e soddisfacente. Certo, ho anche beccato giochi ben lontani dall’essere capolavori, mica ero un genio del videogame, o un Gastone!

Mamma Nintendo regnava indisturbata
il mio piccolo regno videoludico.
E ovviamente, dopo il GBA SP, arrivò il primo Nintendo DS, il ciccio azzurrino, che arrivò con mia enorme sorpresa. Lo desideravo da un po’, ma l’idea che i miei potessero effettivamente prenderlo non mi aveva ancora sfiorato. E anche lì ore macinate ad accarezzare cuccioli, far correre Pikachu, eseguire i movimenti col pennino dettati da Wario e molte altre cose, sia in casa, che in giro.

Non potevo rimanere senza console appresso, non sopportavo l’idea che se avessi voluto spostarmi, avrei dovuto interrompere la partita. Per quello non avevo ancora una console fissa, a parte la Playstation menzionata prima, che annoverava ancora Tekken 3, Crash Bandicoot e FIFA World Cup ’98, e forse qualche altro gioco facilmente dimenticabile.


Ho deciso che per oggi mi fermerò qui, dedicherò un nuovo articolo alla seconda parte sulla mia storia coi videogiochi, nella quale tratterò l’arrivo in casa di console fisse, e come hanno mi hanno influenzato.

Spero di aver suscitato, con questo articolo, almeno un minimo di interesse J


Alla prossima,

Axel


1 commento:

  1. Anche io ho iniziato con il gameboy color con pokemon giallo e un gioco di dinosauri e tetris, e pokemon giallo per me era difficilissimo. Ps neanche io leggevo i dialoghi, pensavo fossero inutili ahaha Bell'articolo tho.

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