lunedì 5 maggio 2014

Un viaggio per la Luna e attraverso le nostre emozioni.

Parlare di un gioco che non si è giocato, o di qualsiasi cosa non si sia fatta/vista/sentita/ecc. non è di certo facile, figuriamoci recensirlo! Non è nemmeno esageratamente intelligente come mossa, neppure per mettersi in bella mostra di fronte agli altri.
 Lo stesso, purtroppo, si può dire di un titolo che si è giocato, si è divorato, lo si è amato e forse anche più del dovuto: è riconosciuto infatti il rischio di cadere in uno dei più grossolani errori per un “recensore” o chiunque voglia fare qualcosa del genere: accecare il proprio occhio critico, offuscare il proprio obiettivo per idolatrare e far piacere a tutti il prodotto trattato e che tanto si è amato.
E questo può succedere, è più che normale che ognuno abbia gusti personali e che provi una sadica punta di  piacere nel cercare di instillare la propria idea su qualcosa di adorato nelle menti dei lettori e visitatori; ma ognuno ha le proprie idee, opinioni, ed è anche grazie a questo che i confronti e gli scambi di idee sono possibili.


Dopo questa minipremessa, e scusandomi del ritardo, vi parlerò di un gioco che senza dubbio ricade nella lista dei miei preferiti di tutti i tempi, sperando di riuscire a non cadere nell'errore di cui parlavo poco prima, dato che questo titolo l'ho adorato, e giocato più volte, e consiglio sempre di dare una possibilità a questa, per me, piccola gemma.




Lasciamo quindi da parte la sensualità e la stravaganza di un titolo come Catherine, per concentrarci su un titolo indie del 2011, sviluppato e pubblicato da Freebird Games. Si tratta, come potrebbe suggerire il titolo dell’articolo, di "To The Moon".
Un titolo diverso dalla stragrande maggioranza di giochi di quella che al giorno d’oggi è la old-gen, un gioco che è un chiaro esempio di come il videogioco sia un effettivo mezzo utile ed efficiente per trasmettere emozioni forti e capace di far riflettere il giocatore. E non riflettere perché il gioco ci pone dinanzi a sfide ardue o scelte morali come nella produzione Atlus, anzi, ma perché le tematiche affrontate in "To the Moon" quali le scelte che si compiono durante la propria esistenza ed i rimpianti, risultano mature, e cariche di spunti di riflessione.

Impersoneremo due personaggi, il Dr. Neil Watts e la collega Eva Rosalene, simpatici e professionali dipendenti di una agenzia chiamata "Sigmund" il cui compito consiste nel realizzare l’ultimo desiderio di un paziente in punto di morte. E per compiere ciò i dottori intraprenderanno un viaggio, districandosi tra i ricordi dei pazienti alla ricerca di un modo di rendere felici gli ultimi istanti di vita. Il ruolo dei due colleghi, oltre a essere il mezzo attraverso il quale scoprire i retroscena della vita del paziente, è quello di arricchire i dialoghi, di stampo serio, con parecchie citazioni, battute che spesso doneranno un sorriso al giocatore/lettore impegnato. Certo, battute e citazioni, ma mai fuori luogo o grette, si vedano l'"Hadouken" cercando di infrangere una barriera o "...Morpheus?" nel rispondere al telefono. Il Dr. Watts si rivela essere il più simpatico e il prolifico di citazioni tra i due.

Il paziente in questione è John, il cui ultimo desiderio è andare sulla Luna, come ci suggerisce il titolo di questa fatica dei Freebird Games. E noi cosa dovremo fare, mouse e tastiera alla mano? Effettivamente, non molto, il gameplay si presenta come una sorta di punta-e-clicca, sempre alla ricerca di collegamenti temporali, che se collezionati ci permettono di utilizzare un oggetto chiave della vita di John come “portale” e raggiungere un altro periodo della sua vita. E il nostro dovere, oltre al godere di una trama, dialoghi e sceneggiatura ottimamente scritti, non conterà di molto altro, includendo i vari minigiochi.
Se questa struttura potrebbe risultare noiosa per alcuni, personalmente trovo che (opinione time) abbia permesso di concentrarmi appieno sulla trama e sulla ambientazione, senza dovermi preoccupare nel caso avessi sbagliato un enigma o avessi perso troppo tempo a cercare gli oggetti utili: in To the Moon, tutto è utile al prosieguo della trama.
Il gioco stesso è stato creato apposta perché vi era già una trama ben studiata: non ci ritroviamo nel caso in cui un gioco nasce con la creazione della parte tecnica, per poi cercare di cucirci addosso una trama spesso e volentieri banale, che mostra i segni di una cucitura rapida e raffazzonata, rendendo di fatto la trama nulla più di una "toppa". 

Ecco come si presenterà ai nostri occhi "To the Moon"
Il comparto tecnico di "To the Moon", per quanto poetico, artistico e soprattutto perfettamente funzionale, è spartano. Spartano perché il motore grafico che regge tutto quanto è il più semplice RPG-MAKER che tutti potrebbero imparare tranquillamente ad utilizzare, non si va a cercare il fotorealismo ma a stuzzicare la fantasia dell’utente tornando ai 16-bit tanto anni ’90 e ad alcuni immagini disegnate, e nulla di più. E la scelta, che può non andare a genio a chi ricerca una componente grafica alla “Beyond: Two Souls”, risulta semplicemente pratica e quanto più azzeccata per un titolo del genere, che mira al vostro cervello, ai vostri cuori, e non solo ai vostri occhi. E scordatevi di andare oltre il 640x480.


Diverso è il discorso riguardo il comparto audio: sebbene anche qui gli effetti sonori siano quanto di più semplice e immediato possa esistere, un vero e proprio plauso va fatto alla colonna sonora. Gli accompagnamenti che fanno da contorno alla storia, al menù, ad ogni parte del gioco sono piccole perle preziose. Le note di piano ci culleranno mentre piano piano si va a scoprire la trama, facendola apprezzare sia con tonalità dolci che con ritmi più accelerati, sempre coerenti con la storyline. A parte il tema che ci accompagnerà, in un modo o nell’altro, per tutta l’avventura, una nota speciale va ad “Everything’s alright” di Laura Shigihara. Una canzone già ottima come uscita singola, ma che va ad accompagnare uno dei momenti più emozionanti di tutte le circa quattro ore di gioco.
Esatto, quattro ore, e possono sembrare poche, ma contando che il nostro dovere sarà quello di essere veramente poco più che lettori di un buon libro, passano piacevolmente, e non rischiando di protrarsi inutilmente e tediosamente a lungo come invece siamo abituati a vedere a volte nell’industria videoludica.


Il gioco poi finisce, e dopo aver ripulito la scrivania dai fazzoletti intrisi di dolci lacrime, si ritorna alla vita di tutti i giorni, si ritorna a guardare fuori da quella finestra che si era ignorata per qualche ora pur di giocare a “To the Moon”, tempo speso a crescere dentro, a commuoversi e raggiungere una nuova consapevolezza sui temi trattati dal titolo. E tutto verrà visto con occhi nuovi, tutto per un po’ assumerà un nuovo significato, anche le stelle la Luna, quest'ultima sogno e desiderio di molti. 

"To the Moon" non sarà un titolo perfetto,
ma sicuramente uno di quelli che mi è piaciuto di più.


PS: Vi lascio QUI il link del sito riguardante il gioco, nel quale potrete trovare anche una demo di un'ora nel caso vi interessasse almeno provarlo.
Vi inviterei inoltre, nel caso foste interessati al blog, di mettere "Mi piace" alla neonata pagina su Facebook riguardante il blog: Axel Bit su Facebook

3 commenti:

  1. Gli ambienti nascondono un'atmosfera misteriosa nel complesso. Sigmund sarà una allusione a Freud?

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  2. Essendo il gioco pieno di citazioni, ed essendo il compito dell'azienda quello di esaudire i desideri e i sogni delle persone, è più che sicuro che sia una allusione a Freud (:

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  3. Contento che ti sia piaciuto (: Grazie del commento!

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